10 Gennaio 2020

Risarcimento da eccessiva durata del processo amministrativo (Legge Pinto)

Avvocato Luisa Carpentieri

L’art.6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo prevede che “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole…”. Molte volte l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione del termine di durata ragionevole del processo. Infine, lo Stato ha inteso regolamentare e definire i casi in cui il cittadino italiano abbia diritto ad un indennizzo.

La c.d. Legge Pinto (L. n. 89/2001), recependo l’orientamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, regolamenta l’indennizzo che ogni cittadino ha diritto di ricevere nel caso in cui i tempi di risposta del nostro sistema giudiziario siano eccessivi, finendo con l’incidere sul diritto costituzionale alla durata ragionevole del processo.

Nel corso del tempo si è giunti ad una vera e propria codificazione di questi tempi processuali, per cui oggi l’indennizzo scatta al superamento di tali tempi. A seguito di tale codificazione possiamo indicare in tre anni il tempo ragionevole di durata di un processo civile di primo grado, in due anni quello di appello ed in 1 anno quello dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione.

La Legge Pinto nel corso del tempo ha subito diversi rimaneggiamenti, e da ultimo la Legge n. 208 del 2015 ha introdotto dei paletti affinché possa essere chiesto l’indennizzo. Dal 31.10.2016 quindi, per poter presentare la domanda di equo indennizzo bisogna aver esperito i cosiddetti “Rimedi Preventivi”.

Vediamo in cosa consistono

Nel processo civile il rimedio preventivo è rappresentato dalla proposizione del giudizio con rito sommario o dalla richiesta di passaggio dal rito ordinario al rito sommario fatta entro l’udienza di trattazione e, in ogni caso, almeno sei mesi prima che siano trascorsi i tre anni del primo grado di giudizio.

Ove non sia possibile il rito sommario di cognizione, anche in secondo grado, il rimedio preventivo è rappresentato dalla richiesta di decisione a seguito di trattazione orale ai sensi dell’articolo 281-sexies c.p.c. da farsi sei mesi prima che spiri il termine di ragionevole durata del processo e anche se la competenza è quella collegiale del Tribunale.

Nel processo penale il rimedio preventivo è rappresentato da un’istanza di accelerazione da farsi almeno sei mesi prima della scadenza del termine di durata ragionevole.

Nel processo amministrativo il rimedio preventivo è rappresentato da un’istanza di prelievo con la quale segnalare l’urgenza del ricorso.

Nei processi contabili e pensionistici davanti alla Corte dei conti e alla Corte di cassazione, infine, il rimedio preventivo è rappresentato da un’istanza di accelerazione presentata, rispettivamente, almeno sei mesi o almeno due mesi prima della scadenza del termine di ragionevole durata.

C’è però da considerare che in molti hanno sollevato dubbi sulla costituzionalità di tali rimedi preventivi, perché ingiustamente limitativi del diritto all’indennizzo per violazione del principio di rango comunitario di giusta durata del processo. Già la Corte Europea di Strasburgo (v. ad es. Affaire Olivieri et autres) aveva stabilito che il rimedio preventivo previsto dalla giurisprudenza italiana per i ricorsi amministrativi (ovvero l’aver depositato l’istanza di prelievo) fosse illegittimo e contrario alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Recentemente, recependo tale orientamento, la Corte Costituzionale (sent. n.34 del 6.03.2019) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale previsione normativa sulla base dell’assunto secondo cui:

Anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’istaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa potesse subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo o alla sua ritardata presentazione”, e che la mancata presentazione della domanda di prelievo “può assumere rilievo [esclusivamente] ai fini della quantificazione dell’indennizzo”.


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