23 Maggio 2020

ESAMI DI STATO IN PRESENZA: LUCI ED OMBRE DI UN ESAME IN EMERGENZA

di Avv. Stefania Isola

Il 16 Maggio 2020, il Ministro Azzolina, durante una diretta social, ha presentato le linee guida definitive del nuovo esame di maturità confermando, come si vociferava nei giorni appena trascorsi, che l’esame si sarebbe svolto in presenza ma garantendo a docenti e studenti la massima sicurezza possibile in questo particolare momento storico.
Quale sarà, quindi, la maturità 2020 per gli oltre 500 mila studenti che la affronteranno?
Tra le prescrizioni previste per la Maturità, non poteva certamente mancare l’uso della mascherina per i commissari (da sostituire alla fine di ogni sessione) e per gli studenti all’entrata a scuola, dove, all’ingresso, devono essere posti dispenser di igienizzante.
Durante il colloquio non sarà necessario indossare la mascherina ma sarà la distanza a garantire la sicurezza: almeno due metri tra i professori e studente che dovrà presentarsi un quarto d’ora prima della convocazione, con un solo accompagnatore come testimone.
Non è previsto l’utilizzo di guanti e termo scanner; infatti a docenti e studenti sarà chiesto di solo di autodichiarare di non avere avuto la febbre (con temperatura superiore ai 37.5 gradi nei tre giorni precedenti l’avvio dell’esame), di non essere stato in quarantena e di non essere a conoscenza di essere stato in contatto con persone positive negli ultimi 14 giorni.
Questi, secondo il Ministro, coadiuvato dal Comitato Tecnico scientifico, gli aspetti relativi alla sicurezza ma, a parere di scrive, le dette prescrizioni sollevano qualche dubbio.
In primo luogo le distanze ed il mantenimento delle stesse.
Era naturale pensare che i colloqui con mascherina potessero rappresentare un impedimento ma quello che forse si è sottovalutato è che riuscire a garantire le dovute distanze tra gli stessi commissari e tra commissari e studenti non è certamente semplice.
Soprattutto se si tiene conto che, per molti istituti scolastici, le aule sono a stento capaci di garantire il rapporto previsto per legge tra studenti e spazio libero (ancor di più se si considera la presenza degli arredi come ad esempio la cattedra e armadi), rapporto che per le scuole superiori corrisponde a 1,96 mq per alunno.
Ma quello che maggiormente lascia perplessi o che fa sorgere qualche domanda, è la non previsione della rilevazione della temperatura corporea, sostituita con un’autodichiarazione.
Ora, delle autodichiarazioni usate durante la pandemia, gli italiani ne hanno conosciuto il significato, l’utilizzo e molto spesso l’abuso.
A questo proposito sembra corretto attribuire ad un’autodichiarazione (e quindi alla coscienza di docenti e studenti) la responsabilità di una possibile impennata del contagio se anche uno solo dovesse non autocertificare il vero? (qualunque sia la motivazione che lo abbia spinto a farlo)
E poi, cosa succederebbe se, un soggetto andasse a dichiarare di non aver avuto la febbre, non essere stato in quarantena o non aver avuto “rapporti sospetti” e poi invece si rilevasse un asintomatico?
Avrebbe dichiarato il falso e sarebbe perseguibile penalmente?
A queste e ad altre domande forse si dovrebbe dare una risposta per evitare di piangere più tardi per una decisione presa troppo in fretta.


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