Con l’importante Sentenza n. 4283/2025 la Suprema Corte di Cassazione ha confermato i principi nomofilattici espressi in materia di omesso rispetto dei c.d. “obblighi informativi” da parte degli intermediari finanziari.
Il Caso:
Alcuni risparmiatori Salentini, rivoltisi allo Studio ed ai Partner di Legaliter, furono indotti dalla propria banca alla sottoscrizione di obbligazioni Cirio Luxemburg per il considerevole importo di oltre 100.000,00 euro.
In quella occasione l’intermediario finanziario non fornì agli stessi adeguate informazioni sulla natura specifica delle obbligazioni in fase di sottoscrizione.
In seguito al noto default della vecchia società Cirio, avvenuto nei primi anni 2000, si aprì in Italia una vera e propria voragine finanziaria che coinvolse moltissimi risparmiatori. Si ebbe modo di appurare, in quella occasione, che il Sistema bancario, a conoscenza del possibile prossimo crollo finanziario della società, aveva di fatto trasferito sul popolo dei risparmiatori il grosso della esposizione del famoso gruppo.
Si aprirono così una serie di contenziosi finiti, in via generale, con alterne fortune.
Tra questi quello dei risparmiatori Salentini, che dopo circa venti anni di causa con ben due giudizi di legittimità, hanno finalmente, e con molta soddisfazione, avuto ragione della strenua e pervicace difesa della propria banca.
La decisione:
La Suprema Corte, quindi, con la Sentenza n. 4283/2025 ha confermato come i c.d. Obblighi informativi che gravano sugli intermediati finanziari hanno, quale fine primario, quello di segnalare all’investitore l’eventuale non adeguatezza delle operazioni di investimento che si accinge a compiere. Tale segnalazione, pero, non può essere generica o superficiale ma, per gli i Giudici di Piazza Cavour, “…deve contenere specifiche indicazioni concernenti: 1) la natura e le caratteristiche peculiari del titolo, con particolare riferimento alla rischiosità del prodotto finanziario offerto; 2) la precisa individuazione del soggetto emittente, non essendo sufficiente la mera indicazione che si tratta di un “Paese emergente”; 3) il “rating” nel periodo di esecuzione dell’operazione ed il connesso rapporto rendimento/rischio; 4) eventuali carenze di informazioni circa le caratteristiche concrete del titolo (situazioni cd. di “grey market”); 5) l’avvertimento circa il pericolo di un imminente “default” dell’emittente”. Per converso, ove tale specifica informazione manca o non è completa, deve ritenersi sussistente un vero e proprio inadempimento contrattuale.
A tale proposito, è ormai noto, come le famose “obbligazioni Cirio” furono per lo più collocate dal sistema bancario durante il c.d. “Grey Market”, ovvero in quel periodo precedente il collocamento ufficiale delle obbligazioni che non è soggetto ad alcun controllo da parte delle Autorità di Vigilanza, e con scarse, se non totalmente assenti, informazioni in merito alla alta rischiosità intrinseca dei titoli, all’assenza di un rating certificato ed al concreto rischio di insolvenza dell’emittente.
Da questo punto di vista la Suprema Corte di Cassazione, compulsata positivamente dai risparmiatori salentini e dall’avv. Piero Mongelli, è giunta ad affermare come “dalla funzione sistematica assegnata all’obbligo informativo gravante sull’intermediario finanziario, preordinato al riequilibrio dell’asimmetria del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell’investitore, al fine di consentirgli una scelta realmente consapevole, scaturisce una presunzione legale di sussistenza del nesso causale fra inadempimento informativo e pregiudizio, pur suscettibile di prova contraria da parte dell’intermediario”
Ciò significa, in buona sostanza, che accertato l’inadempimento dell’intermediario finanziario con riferimento agli obblighi informativi, la sussistenza del nesso causale tra tale inadempimento ed il danno subito dal risparmiatore/investitore deve ritenersi coperto da una presunzione semplice. Sarà quindi onere della banca/intermediario dimostrare che si siano verificati fatte e/o eventi tali da far venire meno tale presunzione. Una prova, giova dirlo, molto difficile da fornire soprattutto quando si consideri che per la stessa Corte Cassazione questa prova contraria “…non può consistere nella dimostrazione di una generica propensione al rischio da parte dell’investitore, desunta anche da scelte rischiose pregresse, perché anche l’investitore speculativamente orientato e disponibile ad assumersi rischi deve poter valutare la sua scelta speculativa e rischiosa nell’ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato, alla luce dei fattori di rischio che gli siano stati segnalati”.
Quindi, anche sotto tale punto di vista, oltre che per quanto espressamente previsto dall’art. 23 del noto regolamento Consob, compete alla Banca/intermediario l’onere di fornire adeguata, specifica e non generica prova di aver ottemperato ai propri obblighi informativi al fine di porre il risparmiatore/investitore in una condizione di piena consapevolezza in merito alla natura ed ai rischi che si assume con la sottoscrizione dei titoli.
Si tratta di una grande vittoria poiché, anche in tempi molto duri per i consumatori come quelli che viviamo oggi, la Corte di Cassazione ha ulteriormente e con forza confermato come saldi principi che informano la complessa materia degli investimenti da parte dei normali risparmiatori e dei conseguenti obblighi di professionalità, preparazione e informazione che gravano sui promotori degli investimenti siano banche strutturate sia essi semplici agenti.