La Commissione Tributaria Provinciale di Lecce coraggiosamente in controtendenza rispetto ad una giurisprudenza (quella che riteneva corretta la tassabilità dei canoni di locazione dei locali commerciali anche se non materialmente percepiti dal Locatore) che sino ad oggi si poteva considera granitica ancorché profondamente ingiusta.
La Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, con la Sentenza N. 1104/2020 pubblicata dalla Sezione Terza in data 31 Agosto 2020, ha sancito importanti principi in tema di tassazione di canoni di locazione commerciale non percepiti dal locatore a causa della morosità del conduttore.
La rilevanza di tali principi è ancor maggiore in un contesto, quale quello attuale, caratterizzato da una prolungata crisi del settore immobiliare e, più in generale, da una considerevole crisi economica.
Nel caso di specie, Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Lecce aveva notificato al proprietario di un locale commerciale un avviso di accertamento avente ad oggetto Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF) per l’anno 2013.
Tale avviso di accertamento era scaturito dalla circostanza che, con riferimento a tale annualità, il proprietario del locale commerciale in questione aveva inserito nella propria dichiarazione dei redditi esclusivamente i canoni di locazione commerciale effettivamente percepiti, non invece quelli non conseguiti a causa dell’inadempimento del conduttore.
Difatti, negli ultimi mesi dell’anno 2013, il conduttore aveva omesso di corrispondere il canone di locazione commerciale ed il proprietario del locale commerciale era stato costretto a notificargli uno sfratto per morosità, cui era seguito il rilascio del locale commerciale medesimo e, quindi, la risoluzione del contratto di locazione, perfezionata tuttavia solo nei primi mesi dell’anno 2014 a causa dell’iter giudiziario connesso.
Peraltro, a causa dell’incapienza del conduttore, vani erano stati i tentativi del proprietario del locale commerciale di recuperare forzosamente i canoni di locazione commerciale non percepiti nell’ultima parte dell’anno 2013.
Il proprietario del locale commerciale aveva perciò deciso di non dichiarare i canoni di locazione che non erano stati effettivamente percepiti e che perciò non avevano potuto concorrere alla formazione del proprio reddito, ritenendone iniqua la tassazione che sarebbe derivata dal loro inserimento in dichiarazione dei redditi.
Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Lecce, nel solco di una prassi consolidata, aveva di conseguenza notificato al proprietario del locale commerciale in parola un avviso di accertamento, con il quale aveva accertato il reddito imponibile (considerando anche i canoni di locazione commerciale non percepiti) e rideterminato la relativa Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF), oltre addizionali, dovuta dal proprietario del locale commerciale medesimo, ciò sul presupposto secondo cui anche i canoni di locazione commerciale non effettivamente percepiti dal locatore concorrono a formare il reddito e devono perciò essere sottoposti a tassazione.
Avverso tale avviso di accertamento, seppur in presenza di una Giurisprudenza di legittimità e di merito di segno avverso, il proprietario del locale commerciale de quo ha proposto ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce.
La tesi sostenuta in giudizio è stata quella secondo cui i canoni di locazione commerciale non effettivamente percepiti a causa della morosità del conduttore non concorrono a formare il reddito del locatore e non possono pertanto essere sottoposti a tassazione.
Tale tesi poggia sul dettato della disposizione di cui all’art. 1458 c.c., secondo cui “La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite.”.
La norma citata risulta applicabile al provvedimento di convalida di sfratto emesso a seguito della notifica di intimazione di sfratto per morosità, in quanto il predetto provvedimento è una pronuncia giudiziale, con efficacia costitutiva, di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento, da parte del conduttore, della prestazione principale posta a carico dello stesso, ossia quella di pagamento del canone di locazione commerciale.
Il provvedimento di convalida di sfratto, quindi, risolve il contratto di locazione per inadempimento del conduttore e la risoluzione in parola, stante la natura costitutiva della relativa pronuncia giudiziale, ha efficacia retroattiva sin dal momento in cui è iniziato l’inadempimento del conduttore, ragion per cui è da tale ultimo momento che il contratto di locazione deve considerarsi risolto e perciò privo di efficacia.
Risolvendosi il contratto di locazione sin dal momento in cui è iniziato l’inadempimento del conduttore, è da tale ultimo momento che, non esistendo alcun contratto di locazione, non sussiste il presupposto per la tassazione di canoni di locazione.
La tesi sostenuta poggia altresì sulla considerazione secondo cui l’art. 26 comma 1 DPR 917/1986 (TUIR) prevede che “I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare.”.
La disposizione in parola afferma che, qualora non siano stati percepiti, i redditi rivenienti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo non devono essere dichiarati nel caso in cui vi sia stato un provvedimento di convalida di sfratto per morosità del conduttore.
Non sfugge certamente che la norma in questione faccia riferimento esplicito alle ipotesi di mancato percepimento dei redditi rivenienti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo e non anche a quella di mancato percepimento dei redditi rivenienti da contratti di locazione di immobili ad uso diverso da quello abitativo, quale quello di natura commerciale, ma non vi è alcuna ragione ostativa ad estendere analogicamente l’esclusione dalla tassazione dei canoni non percepiti anche alle locazioni ad uso non abitativo, in presenza di un provvedimento giurisdizionale che accerti la morosità del conduttore, ed anzi diversamente opinare determinerebbe violazione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., del principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. e del principio di buona fede di cui allo Statuto dei Diritti del Contribuente.
La Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, con la Sentenza in commento, ha accolto il ricorso proposto, sulla scorta della motivazione secondo cui “l’intimazione di sfratto per morosità altro non è che l’esercizio di un’azione costitutiva di risoluzione del contratto di locazione con effetti che retroagiscono al momento dell’accertata morosità del conduttore” e “nei contratti ad esecuzione continuata o periodica … l’effetto retroattivo della risoluzione deve farsi risalire al momento dell’inadempimento”, ragion per cui “nei contratti di locazione l’effetto risolutivo della pronuncia di convalida dello sfratto per morosità retroagisce al momento dell’inadempimento, e cioè all’inizio della morosità”, per effetto di ciò “non possono pertanto assoggettarsi a tassazione i canoni di locazione non percepiti … in applicazione del principio … secondo cui i canoni di locazione (ad uso abitativo o commerciale) non riscossi per morosità del conduttore sono tassabili fino al momento della risoluzione contrattuale”.
In sostanza, la Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, ha stabilito il rilevante principio secondo cui la pronuncia di convalida di uno sfratto per morosità del conduttore ha efficacia costitutiva e retroagisce perciò al momento in cui è iniziato l’inadempimento del conduttore, di modo che è da tale ultimo momento che il contratto di locazione deve considerarsi risolto e perciò privo di efficacia, con la conseguenza che i successivi canoni di locazione non percepiti possono ritenersi tamquam non esset, non concorrono a formare il reddito del locatore e non possono quindi essere sottoposti a tassazione.
Inoltre, la Commissione Tributaria Provinciale di Lecce ha esteso l’applicazione di tale principio ai canoni di locazione commerciale, ritenendo iniqua la sua applicazione ai soli contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, come astrattamente previsto dall’art. 26 comma 1 DPR 917/1986 (TUIR).
Con la medesima Sentenza, Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Lecce è stata condannata al rimborso delle spese di lite sostenute dal ricorrente.
Si tratta, senza alcun dubbio, di una Sentenza degna di nota, poiché coraggiosamente, e in controtendenza rispetto alla prevalente Giurisprudenza di legittimità e di merito, ha accolto la tesi sostenuta dal ricorrente: Infatti troppo spesso la giurisprudenza appare passivamente incline ad avallare la tassazione di redditi da locazione commerciale di fatto non percepiti, a danno e beffa del locatore, il quale, pur non avendo percepito tali redditi, si vede costretto a subirne un’iniqua tassazione che, in siffatti casi, non ha ragion d’essere né in relazione ad immobili ad uso abitativo né con riferimento a locali commerciali.
Avv. Giorgio Frigoli.