22 Febbraio 2022

LA RESPONSABILITÀ DELL’IMPRESA E DEL CONDOMINIO IN CASO DI FURTO O DANNEGGIAMENTI IN PRESENZA DI PONTEGGI

Relazione al Corso ANACI Puglia di aggiornamento per amministratori di condominio 2022

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In molti casi in cui si debba procedere alla ristrutturazione di un condominio, o più in generale di un immobile, la collocazione di ponteggi che agevolino l’esecuzione delle opere appare necessitata. Infatti, la complessità di alcuni interventi sia da un punto di vista tecnico e/o per la natura dei lavori sia da un punto di vista di dimensione del lavoro da svolgere, costringe molte imprese alla collocazione di ponteggi per un lungo periodo che si affiancano agli immobili.

La presenza di questi ponteggi ha, evidentemente, lo scopo di agevolare l’accesso degli operai all’immobile da ristrutturare realizzando così quello che potremo definire semplicisticamente un cantiere verticale. 

La storia, neanche troppo recente, ci ha però dimostrato che la presenza dei ponteggi, oltre a facilitare l’accesso delle varie maestranze, della direzione dei lavori e di tutti i soggetti in qualche modo interessati alla corretta esecuzione dei lavori, agevola, e non poco, l’attività di malintenzionati che tramite i ponteggi riescono ad accedere all’interno delle abitazioni.

Nel caso in cui ciò dovesse accadere sia l’impresa esecutrice dei lavori sia il condominio possono essere chiamati al risarcimento dei danni da parte dei condomini che, senza propria responsabilità, abbiano subito un furto o un danno alla propria abitazione.

Quello trattato è un argomento che è stato spesso oggetto di interventi giurisprudenziali che hanno portato a diverse decisioni, spesso tra loro contrastanti, prima che la giurisprudenza di legittimità (seguita da buona parte di quella di merito) si attestasse su di una soluzione che presta il fianco a notevoli critiche.

In materia di risarcimento del danno derivante da furto agevolato dalla presenza delle impalcature, la giurisprudenza più risalente riteneva di doversi applicare il disposto di cui all’art. 2050 c.c. a mente del quale “Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di una attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.

Alla luce di questo orientamento il proprietario dell’impalcature (ovvero colui che utilizzava all’interno del cantiere per l’esecuzione dei lavori) non poteva ritenersi responsabile dell’eventuale furto. Infatti, le attività pericolose previste dalla norma danno luogo a responsabilità solo se il danno è scaturito da un comportamento diretto dell’agente e non certo nell’ipotesi in cui il danno è determinato dall’agire di un soggetto terzo estraneo all’esercizio dell’attività definita come pericolosa, ove il terzo sarebbe, per l’appunto, il ladro che utilizza l’impalcatura per accedere negli appartamenti.

Secondo la risalente giurisprudenza di legittimità, quindi, non era applicabile né l’art. 2051 c.c., in quanto l’attività del ladro poteva benissimo rientrare nel caso fortuito che, a norma di legge, evitava la responsabilità, né tanto meno l’art. 2043 c.c. che invece prevede la risarcibilità per fatto illecito, perché riteneva che non vi fosse alcuna violazione di norma giuridica da parte dell’impresa.

Quasi in contemporanea con la l’indicata giurisprudenza si formava, in modo via via sempre più diffuso ed accettato, una diversa prospettazione che poi è quella che attualmente seguita dalla giurisprudenza maggioritaria tanto di Legittimità quanto di merito.

Questo filone giurisprudenziale prendeva le mosse dall’art. 40 c.p. che, al secondo comma, fissa il principio in base al quale “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo” (c.d. causalità omissiva).

Partendo da questo principio la giurisprudenza è giunta alla conclusione che la responsabilità del furto agevolato dal ponteggio grava sull’imprenditore che ha realizzato l’impalcatura e che non ha adottato tutte le misure ritenute idonee ad evitare che un ladro utilizzasse l’impalcatura per accedere nei vari appartamenti e porre in essere un furto.

In sostanza, facendo sponda sull’art. 40 del c.p. la giurisprudenza ha finito con l’ipotizzare una responsabilità dell’appaltatore da fatto illecito ex art. 2043 c.c..

Più in generale, la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che l’obbligo giuridico di impedire un evento può sorgere non solo quanto tale obbligo sia codificato all’interno di una specifica norma di legge, ma anche quando lo stesso obbligo possa derivare dai principi desumibili dall’Ordinamento positivo ancorché non espressamente codificati in modo specifico.

In tal caso, quindi, sussiste il dovere di agire e di tenere un comportamento attivo che, nel caso oggetto della presente relazione, sarebbe quello di impedire, ovvero rendere difficoltoso, il furto. 

“In caso di furto consumato avvalendosi di impalcature e ponteggi, appare scorretto ravvisare, in capo all’impresa, una responsabilità a norma dell’art. 2051 c.c.. Viceversa, deve essere affermata la responsabilità, ai sensi dell’art. 2043 c.c., dell’impresa che, per esercitare la propria attività, si avvale di quei ponteggi, qualora, trascurando le più elementari norme di diligenza e perizia e la doverosa adozione delle cautele idonee ad impedirne un uso anomalo (così violando il principio del “neminem laedere”) abbia colposamente creato un agevole accesso ai ladri e posto in essere le condizioni del verificarsi del danno. In ordine, poi, al tema del cd. illecito “omissivo” nella responsabilità extracontrattuale, è stato ritenuto che una condotta di tipo omissivo può essere considerata causa di un evento solo quando l’omittente abbia violato l’obbligo giuridico di impedire l’evento stesso, obbligo derivante dalla legge o da specifici rapporti. Tuttavia, non è men vero che tale obbligo possa derivare anche da principi desumibili dall’ordinamento positivo, non espresso, quindi, in norme specifiche, con conseguente dovere di agire e di comportamento attivo, la cui omissione, pertanto, comporti una causa di responsabilità per omissione. “ (Cfr. Cass. n. 12111 del 23.05.2006)

Infatti, si afferma che l’appaltatore aveva l’obbligo di dotare l’impalcatura di adeguate misure atte ad impedire il verificarsi del furto, almeno sulla base di un principio di ragionevolezza e facendo leva sui principi generali dell’ordinamento positivo. Nel caso in cui tali misure non siano adottate e se adottate non siano idonee ad impedire l’evento delittuoso si finisce con il configurare, per la citata giurisprudenza, la responsabilità ex art. 2043 c.c., o responsabilità aquiliana o extracontrattuale, per cui “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

Appare opportuno, a questo punto, evidenziare come per la Suprema Corte il nesso di causalità tra il verificarsi del furto e la presenza dell’impalcatura ex art. 2043 c.c. non veniva meno, e comunque non poteva ipotizzarsi come esimente della responsabilità, la circostanza che l’impalcatura fosse ubicata all’interno di un cortile privato, quindi non sulla pubblica via, anche nel caso in cui il cortile fosse recintato e/o fosse presente un alto muro di cinta.

Con riferimento generale alla casistica che si è formata intorno a questo argomento deve ritenersi che l’impresa esecutrice dei lavori sarà responsabile dell’eventuale furto se, sospendendo i lavori, lascia l’impalcatura priva di custodia e senza illuminazione, limitandosi a recintare la stessa con pannelli metallici.

Così come è stata ritenuta responsabile l’impresa che non ha dotato l’impalcatura di idonea illuminazione e che a fine giornata non abbia rimosso le scale di collegamento tra i vari piani della stessa. Sempre con riferimento alla casistica, ai fini della responsabilità non appare rilevante la circostanza che i ponteggi siano stati montati da un soggetto diverso e che sia stato incaricato dall’appaltatore, in tal caso, per la Giurisprudenza, ciò che conta è che le impalcature siano state realizzate nell’ambito di un contratto di appalto per l’esecuzione di lavori.

Parimenti non fa venire meno la responsabilità dell’appaltatore ex art. 2043 c.c. nel caso in i ladri avrebbero potuto accedere all’appartamento per altra via rispetto all’impalcatura poiché ciò non è in ogni caso idoneo ad interrompere il nesso di causalità fissato dalla giurisprudenza. Va da sé che l’esistenza del nesso causale e quindi la prova che il furto è stato commesso con l’utilizzo delle impalcature e che le stesse erano idonee a facilitare l’accesso agli appartamenti, grava su colui che pretende il risarcimento del danno, così come è ovvio che se l’appaltatore riesce a dimostrare che l’accesso nell’appartamento è avvenuto senza l’utilizzo del ponteggio, ovvero per altra via sarà, ovviamente, esente da responsabilità.

A fronte della individuata responsabilità dell’appaltatore anche l’amministratore di condominio però non può dormire sonni tranquilli.

Infatti, se in passato si escludeva la responsabilità dei condomini in caso di furto con l’utilizzo dei ponteggi, più recentemente la giurisprudenza ha incominciato ad affermare la civile responsabilità anche di questi ultimi per violazione dell’art. 2051 c.c.

“Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.” (Art. 2051 c.c.)

Qualche caso concreto potrebbe esserci di aiuto per comprendere il passaggio giurisprudenziale: in passato gli Ermellini hanno affermato la civile responsabilità del condominio in caso di furto ex art. 2051 c.c. allorquando il ponteggio si trova ad essere aderente al fabbricato da manutenere per cui, per tale motivo, si troverebbe a ricadere nella custodia dei proprietari dell’edificio cui accede, salvo naturalmente la prova contraria.

Più recentemente ha affermato che il ponteggio per ciò stesso ed astrattamente si trova nella sfera di custodia del condominio che quindi ne diviene responsabile ex art. 2051 c.c..

Parimenti e sotto diverso aspetto, la Giurisprudenza ha ritenuto di ipotizzare la responsabilità del condominio postulando che l’errore in cui sarebbe incorso è quello della scelta di una impresa inadeguata alla corretta esecuzione del contratto di appalto (e, quindi, a garantire l’adozione di idonei strumenti ostativi alla commissione dell’evento criminoso).

Altro caso in cui il condominio è stato ritenuto civilmente responsabile, addirittura con esclusione della responsabilità dell’impresa, è quello in cui l’appaltatore si sia atteggiato a mero esecutore attenendosi pedissequamente alle direttive provenienti dal condominio committente.

Infine, la concorrente responsabilità del condominio può essere ricondotta alla decisione della Direzione Lavori di mantenere in piedi l’impalcatura, anche dopo l’esecuzione dell’opera, al fine di svolgere il collaudo, per cui sorgerebbe un obbligo di custodia a carico dei condomini che hanno richiesto il mantenimento della struttura pur essendone venuta meno la sua utilità.

Sulla responsabilità concorrente del condominio è importante sottolineare che questa non viene meno, nei confronti del terzo, anche in presenza di una specifica clausola nel contratto di appalto con cui si statuisce l’obbligo dell’appaltatrice di adottare ogni opportuno accorgimento onde evitare il verificarsi dell’evento criminoso. Infatti, in questo caso, poiché la clausola produce solo effetti obbligatori la sua presenza consente al condominio solo la possibilità di rivalersi nei confronti dell’impresa inadempiente ma non di liberarsi della domanda risarcitoria avanzata da colui il quale ha subito il furto.

Il quadro Giurisprudenziale che si è sviluppato in questa materia, onestamente, non pare del tutto convincente e pur essendo, almeno ultimamente, piuttosto consolidato sia nella giurisprudenza di legittimità che di merito, sarebbe opportuno che fosse quanto meno riconsiderato.

Infatti, a ben guardare non pare indagare con sufficiente attenzione l’eventuale corresponsabilità del danneggiato che, pur in presenza di una impalcatura non abbia, egli stesso, adottato comportamenti di normale prudenza ovvero se addirittura abbia tenuto comportamenti agevolativi del furto (per esempio lasciando le finestre di accesso aperte), inoltre, i principi sin qui espressi tendenti a configurare una responsabilità dell’appaltatore concorrente con quella del condominio, in qualche modo contrastano apertamente con altri consolidati principi più volte espressi dalla stessa Suprema Corte di Cassazione.

Per esempio, con riferimento all’Art. 40 c.p. ed alla causalità omissiva, che ha aperto la strada alla responsabilità dell’appaltatore, la stessa Corte di Cassazione ha avuto modo di sottolineare come l’omissione prevista dall’art. 40 c.p., quale condizione determinativa dell’evento, rileva solo se si tratti di una omissione di condotta imposta da una norma giuridica specifica cioè riferita alla posizione del soggetto cui si addebita l’omissione che, quindi, deve avere particolari obblighi di prevenzione dell’evento atti ad impedirne il verificarsi. Ciò reca con sé la conclusione che l’esistenza del nesso causale tra omissione ed evento non può limitarsi alla mera valutazione generica o di buon senso della materialità fattuale, ma presuppone la preventiva individuazione dell’obbligo specifico o anche solo generico di tenere una condotta che, nel concreto, si è omesso di tenere finendo con il favorire la verificazione dell’evento criminoso. 

Tale impostazione dovrebbe portare con sé la conclusione che sino a quando non avremo lo specifico obbligo di garantire la sicurezza degli appartamenti dei condomini in capo all’appaltante la sua responsabilità, in caso di furto, dovrebbe essere esclusa in radice.

Peraltro, seguendo il ragionamento contrario, cosa accadrebbe se, invece del “semplice” furto fosse perpetrato un reato di maggiore importanza? Anche in quel caso si configurerebbe una responsabilità civile dell’appaltatore?

Anche con riferimento alla concorrente responsabilità del condominio committente ex art. 2051 c.c., pure sancita dalla Suprema Corte, i dubbi appaiono decisamente troppi: da più parti infatti si sostiene che ai fini della applicazione dell’art. 2051 c.c. la cosa in custodia debba essere nella disponibilità piena ed esclusiva del soggetto, ed è su tale materiale disponibilità che si fonda l’obbligo della custodia ed il correlativo obbligo di vigilanza.

Così come si è più volte sostenuto che il rapporto tra la cosa (nel nostro caso l’impalcatura) ed il soggetto (nel nostro caso il condominio) deve essere tale da configurare un vero e proprio potere ad escludendum dei terzi dalla gestione della cosa stessa nel momento in cui il danno si è prodotto, ove non sfuggirà che, se tali postulati sono veri, non può, in termini generali e particolari, definirsi il condominio come custode del ponteggio. Inoltre, non può e non deve sottacersi come la stessa Corte di Cassazione nel 2000 ebbe a postulare come il danno risarcibile ai sensi dell’art. 2051 c.c. è quello prodotto dalla cosa che si ha in custodia e/o a causa di essa e non certo quello causato dall’azione di un uomo che abbia utilizzato la cosa come mero strumento nella sua condotta omissiva o commissiva con la conseguenza che il danno non sia causato dalla cosa che si ha in custodia, ma con la cosa (Cfr. Cass. 1682/2020).

Queste ultime censure, che ritengo convincenti in termini di stretto diritto, inducono ad auspicare un pronto ripensamento della posizione assunta dalla Giurisprudenza attraverso una seria riconsiderazione della posizione del condomino danneggiato (che è in ogni caso parte del procedimento volitivo che poi ha determinato l’installazione dell’impalcatura) e della sua partecipazione causale al verificarsi dell’evento. Sino ad allora, in ogni caso, persiste ed è rilevante, la responsabilità dell’impresa nello sviluppo causale dell’evento criminoso a cui si potrebbe affiancarsi una corresponsabilità causale del condominio almeno considerando l’attuale andamento della Giurisprudenza sia di merito che di Legittimità.

Avv. Piero Mongelli


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