La L. n. 24 del 2017 (cd. legge Gelli-Bianco) ha innovato profondamente la disciplina della responsabilità civile in ambito sanitario prevedendo un doppio binario nel quale la responsabilità della struttura sanitaria (privata e pubblica) viene qualificata come contrattuale mentre quella del sanitario viene qualificata come extracontrattuale, salvo che questi abbia stipulato un contratto con il paziente.
Con riguardo alla responsabilità del medico che opera nell’ambito della struttura, il legislatore si è discostato dall’interpretazione consolidata della giurisprudenza di legittimità che a partire dalla importante sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 589/1999, aveva costantemente qualificato detta responsabilità di natura contrattuale (rectius, da contatto sociale qualificato).
L’obiettivo della riforma è evidentemente quello di tutelare gli esercenti la professione sanitaria poiché qualificando la loro responsabilità come extracontrattuale costoro godono di indubbi vantaggi per ciò che concerne il termine di prescrizione (10 anni nella responsabilità contrattuale a fronte del termine di 5 anni previsto per la responsabilità extracontrattuale) e, soprattutto, in ordine all’onere della prova.
È noto, infatti, che nella responsabilità contrattuale, il danneggiato può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte alla quale, invece, spetta l’onere di provare di avere adempiuto esattamente all’obbligazione. Per contro nella responsabilità extracontrattuale grava in capo al danneggiato l’onere della prova, in specie per ciò che concerne la prova della colpa e del nesso causale.
In conseguenza di ciò, nei giudizi in corso al primo aprile 2017 (data di entrata in vigore della legge Gelli-Bianco) è divenuta consueta la strategia difensiva degli esercenti la professione sanitaria volta a rivendicare l’efficacia retroattiva di detta legge con riguardo alla qualificazione della propria responsabilità in termini extracontrattuali anziché da contatto sociale.
La questione ha generato pronunce contrastanti della giurisprudenza di merito laddove alcuni tribunali hanno riconosciuto la portata retroattiva della normativa (Tribunale di Milano, sent. 11.12.2018 n. 12472) mentre altri si sono espressi nel senso della irretroattività (Tribunale di Roma, sent. n. 18685/2017).
A sanare il contrasto generatosi nella giurisprudenza di merito è intervenuta la Corte di Cassazione che con la sentenza n. 28994/2019 ha stabilito con molta chiarezza che in assenza di una disposizione transitoria all’interno della L. n. 24 del 2017, deve applicarsi l’art. 11 delle preleggi sicché la legge Gelli-Bianco non ha efficacia retroattiva ma regola unicamente fattispecie verificatesi successivamente alla sua entrata in vigore.
La Suprema Corte ha altresì tenuto ad evidenziare l’esistenza di due indici inequivocabilmente contrari alla retroattività della legge Gelli-Bianco.
Avv. Cristian Marchello